IL SINTOMO FOBICO NEL FALSO DUALISMO: SIAMO TUTTI UGUALI O TUTTI DIVERSI?
Dualismo“uguale/diverso”: perché l’adolescente ne è il più afflitto
Adolescenza significa cercare nuove libertà ma anche attenersi severamente a regole “alternative”, significa intellettualizzare e, contemporaneamente, lasciarsi invadere dalle emozioni, vuol dire esprimersi attraverso lunghi silenzi o per mezzo di rapide espressioni gergali.
L’adolescenza, insomma ha a che fare con gli estremi e, talvolta, con la sfida estrema a ciò che è “opposto”.
La sfida, infatti, diventa quell’arma sottile e incisiva che tutti gli adolescenti usano con maestria, non per ribellarsi agli adulti e alle loro regole, ma per riuscire in un’impresa non comune: è la sfida a far coesistere i valori dei propri genitori e degli adulti presenti nel loro mondo, con le curiosità e le esigenze che man mano affiorano in ogni adolescente, nel fisiologico processo di crescita e di costruzione delle sue diverse identità: sociale, psicologica, sessuale e familiare… che siano la migliore sintesi possibile fra così tanti elementi diversi, e spesso, proprio opposti.
E allora, si chiede l’adolescente, come voglio essere?
Quale “se stesso” l’adolescente deve potersi inventare per essere, come vuole, necessariamente se stesso ( le sue inclinazioni, preferenze, i suoi ideali di vita, il suo mondo affettivo e relazionale, i suoi impeti, le sue convinzioni e curiosità…) e, allo stesso tempo, tutto il resto, già strutturato e organizzato?
Tutto quel bagaglio di modi, esperienze, convinzioni, comportamenti culturalizzati che prontamente il mondo gli presenta come richieste e aspettative, gli pesano addosso come pressanti condizionamenti all’uniformormarsi e come rinucia alle proprie aspirazioni più intimamente sentite proprie ed originali… tutto ciò che, invece, è da scoprire, da vivere, da sperimentare e condividere con chi sa farlo, oppure anche farlo colludere con ostinazione con chi sostiene posizioni diverse…
L’adolescente continuamente vive la pressione del ricatto dell’adulto “risolto”, rispetto alla sua “incompletezza” di adolescente, in fieri…
Perciò, più frequentemente e più incisivamente rispetto alla totalità degli adulti, il suo pensiero è rivolto al dilemma insanabile del dualismo “uguale/diverso”: vuole essere uguale per non sentirsi solo, escluso, rifiutato… ma vuole anche sentirsi diverso, perché vuole difendere a denti stretti la prerogativa del suo essere “la sua persona”.
Tanto più che il dualismo”uguale/diverso” si accompagna ad un altro importante dualismo, “dipendenza/autonomia”: voler essere dipendenti e punirsi di esserlo; voler essere autonomi ed avere la fobia di esserlo.
Il Dualismo è del pensiero, che crea la realtà fobica
Così posta la realtà, come solcata da dualismi, avendo scisso e reso inconciliabili, come opposti, elementi in realtà contigui, trattandoli come “questo o quello”, abbiamo creato, con il nostro pensiero, dei conflitti davvero insanabili: così come avviene per ”uguale/diverso”.
Dovremmo educarci meglio, ed educare i nostri ragazzi, alla complessità e alla multidimensionalità della realtà: in effetti noi siamo sempre il nostro essere-con-gli-altri, necessariamente uguali, intrecciati gli uni agli altri… ed anche, contemporaneamente, diversi per ciò che del nostro esser-ci, in maniera individuata, ci permette di riconoscerci: perchè il mondo, riconoscendoci, ci rimandi e sempre sostenga le conferme alle identità e ai ruoli che quotidianamente tutti noi incarniamo: pena il nostro sbiadire dalla scena della nostra stessa vita personale-privata e da quella pubblica-sociale.
Siamo esseri relazionali, fondati nella relazione con gli altri, e gli altri sono necessari per fondarci e per restituirci la nostra realtà di individui sempre nel mondo, tra le cose e nelle relazioni con gli altri.
Il non sapere se si è uguali o diversi dagli altri di solito si qualifica come “sindrome adolescenziale”, sebbene oggi tante, troppe persone nel nostro mondo di “adulti” ne restano implicati, con ripercussioni di disagio psicologico, relazionale ed identitario, che permane, irrisolto!
… “Un mal interpretato concetto di uguaglianza, ha reso innocue le masse: tutti falsamente indipendenti fra loro e autosufficienti, non relati gli uni agli altri e tutti, posti sullo stesso piano sociale dell’egualitarismo, fatti oggetto del falso e lusinghiero proselitismo operato dalla nuova religione oggi imperante: l’ ”individualismo”!
Cattive interpretazioni che hanno fatto sparire il livello privato, strettamente individuale, lo spazio di vita, di espressione e di scelta, che qualifica, per l’essere umano, il senso e la natura stessa del suo vivere e del suo tendere verso ciò che meglio lo appaga, quel Piacere profondo e sano che potrà realizzarlo, entro un percorso di crescita e di ricerca assolutamente personali.
E, assieme allo spazio privato, sparisce anche quello spazio primariamente e autenticamente pubblico: dove ci si confrontava, ci si incontrava, condividendo oppure no, ma sempre in relazione gli uni con gli altri, potendo disporre, per se stessi, del proprio spazio di potere personale, di pensiero e di scelta, con il quale il negoziare e il confrontarsi aveva ancora un senso…”
(Vedi Articolo “Il grande equivoco dell’uguaglianza” in “Pubblicazioni”, nel presente sito)
Viviamo una forma di crisi subdola, che deriva dalla voglia della propria definizione che, bloccatasi su una identità costruita “a metà”, si perde nel sintomo fobico: “uguale/diverso” è infatti causa di sintomi fobici, fobie sociali e relazionali, e purtroppo crea spesso effetti patogeni, associati a disidentità, o identità immature…
Tanti ne sono affetti ancora da adulti, disorietati rispetto a se stessi, alla propria identità immatura, irrisolta, mai bene posizionati sui propri fondamenti, eterni adolescenti in conflitto con se stessi e con il mondo.
La Terapia
L’elaborazione del “come voglio essere”, a causa della difficile e conflittuale definizione di sé, difensivamente si irrigidisce in “fobia” e blocca il flusso del pensiero sui punti più difficili, o più dolorosi, che proprio per questo, avrebbero invece richiesto una diversa maturazione evolutiva.
Il processo fobico innescato, assieme all’ansia che accompagna i contesti relazionali e situazionali laddove la persona li esperisce, tenderà così a ripetersi, spostandosi su altri fatti, oggetti, elementi, persone, facenti parte della nostra vita quotidiana che l’individuo, con personali accostamenti ed elaborazioni, percepisce simili… senza, tuttavia, essere in grado di riconoscere nei propri disagi psichici i prodromi della manifestazione clinica che spesso in seguito si evidenzierà in maniera significativa, ad esempio, allo strutturarsi del sintomo fobico-ossessivo.
Il paziente, giunto in terapia, nel non sapere del suo essere uguale a tutti gli altri, o da tutti diverso, ha condensato nel simbolo fobico l’irrisolvibile dualismo, ed ha paralizzato la sua persona, al pari del suo pensiero che in quel punto subisce uno start.
Peraltro, lo stesso disagio, nato accanto al conflitto “uguale/diverso”, come sua compensazione difensiva potrà scegliere, proprio anche fra gli adulti, differenti altre manifestazioni cliniche, quali la violenza e la sopraffazione come forma di potere e riscatto di visibilità.
Un processo di terapia psicologica deve prevedere la re-interazione del paziente per sbloccare l’arresto del flusso del suo pensiero dove il loop si è prodotto… in quella scena, in quell’idea o quella convinzione, associate a quella persona, a quel contesto, a quel momento, all’emozione con la quale è stata da lui vissuta e ai significati che a quella scena egli ha dato… spesso di solitudine e di vuoto…
Bisognerà pure ripristinare scenari di realtà nella vita della persona che egli avrà alterato: egli, giunto in terapia, avrà già trasfigurerato altre scene e situazioni diverse che nel tempo si sono ripetute, rendendole tutte simili, attraverso le stesse reazioni emotive, reiterate dall’ansia che rende ancor più pernicioso il conflitto: infatti, precedendo e anticipando la reazione fobica nelle diverse situazioni, l’ansia fissa ogni diverso accadere entro il registro dell’omologazione.
Occorre in definitiva rifondare i fondamenti della vita stessa, l’alterità del mondo, nostro interlocutore speculare, con la consapevolezza di sé nel mondo, di sé con gli altri… mai tutti uguali, mai tutti diversi, ma sempre accanto “all’altro-a-sé-contiguo”.
E all’adolescente… cosa dire?
Abbandonare l’anelito alla sfida “uguale/diverso”, ed anche l’illusione alla “sintesi perfetta” può essere una via che consente di crescere e di migliorare usufruendo delle qualità migliori e delle più ricche opportunità, in qualità di alimento, piuttosto che di vincolo?
La maniera per non rimanere bloccati sul sentiero di filiere di dualismi pensati dalla mente quando, sbagliando, sceglie scorciatie?