DISTURBI ALIMENTARI, OSSESSIVO COMPULSIVO SPECIFICO: ANORESSIA/BULIMIA

Quando il pensiero  ossessivo  trova nella persona  lo spazio ideativo, contestuale e relazionale “adeguato”, accompagnato dall’ansia che sempre  lo sostiene, può investire pensieri e interessi che diventano “specifici” di quell’area, caratterizzando particolari forme di patologia coattiva-ossessiva specifiche, quali  particolari forme di paranoie, deliri di gelosie, gioco compulsivo, assunzione di sostanze… pericolosamente più vicine all’area più propriamente psicotica.

Fra tutte, una forma di patologia ossessiva-coattiva specifica, particolarmente perniciosa,  è l’Anoressia, spesso accompagnata dal suo opposto, la Bulimia: la persona anoressica,  vive dentro i significati  costruiti intorno all’area dell’essere  perfetti, del voler molto spesso  assumere  impegni gravosi  e portarli avanti con rigida  intransigenza e, allo stesso tempo,  rimane afflitta da sentimenti di inadeguatezza e vissuti di rifiuto, come volersi nascondere dagli occhi ”giudicanti” degli altri, mentre brama il voler primeggiare per  bravura e abilità nel continuo confronto competitivo con gli altri cui  essa incessantemente  si sottomette…  la persona impara a vivere dibattendosi  ossessivamente dentro l’ irrisolto e delirante conflitto  tra Autonomia e Dipendenza che, alla fine avrà  stravolto e distorto  la sua percezione di realtà.

Fra i due opposti poli essa ribalta continuamente il proprio posizionamento  nei riguardi di se stessa, degli altri e del mondo… ogni legame è desiderato e negato allo stesso tempo… ogni fatica diventa tanto più  eccitante e gratificante quanto più  essa è difficile e stressante, e quanto più essa assume il significato eroico dell’infliggersi una autopunizione: simbolicamente la sfida si fisserà sull’umiliante e dolorosa  astinenza dal piacere dello sfamarsi (e, per estensione, a tanti altri),  che viene contemporaneamente  vissuta  come traguardo vittorioso di  volontaria capacità  astinente,  di eroica resistenza alla rinuncia…

Il corpo, e il cibo che lo alimenta, diventano oggetti specifici di ansia, di preoccupazioni, terreno di sfida estrema e tragica, di contemporanea vittoria e sconfitta: resistere alla fame incontenibile segna il confine conflittuale  e paradossale tra l’essere  per sé e l’essere per gli altri, tra l’essere e l’apparire, tra il desiderio di amore e la sua negazione.

 

PERCHE’ PROPRIO  IL CIBO DIVENTA OGGETTO DI ANSIE OSSESSIVE?

il cibo si presta, in siffatte ideazioni e percezioni  alterate della realtà, come veicolo  importante  di tutti questi significati  che la persona su di esso ha proiettato.

Per quanto ascritto nella natura dell’uomo, fin dalla sua venuta al mondo da neonato, la cura, l’accodimento, la conferma di essere voluti bene e riconosciuti dalle persone più care ed indispensabili alla sua stessa vita,  passano attraverso le maniere del loro soddisfare la fame del piccolo:  egli, cedendo la sua tensione dolorosa,  accetta il  benefico del  sollievo, impara a godere della fondamentale esperienza, fisica, emotiva, affettiva del procurato sentimento di sazietà e, con esso,  di amore e di cura.

La felice gestione della alimentazione del bambino piccolo  è infatti sempre accompagnata da attenzioni,  contatti fisici e oculari, carezze, vicinanza affettiva calda e rassicurante… atti “integrati” che il piccolo   imparerà anch’egli a  sviluppare, identificandosi e proiettandoli continuamente sull’asse  sé-gli altri, e via via fondando la sua identità relazionale-affettiva-comportamentale, bene strutturata ed integrata…

STRUTTURARSI DEL CIRCUITO PATOLOGICO ANORESSIA-BULIMIA

Perciò,  nel percorso di crescita del bambino, l’esperienza legata ai momenti dedicati al cibo, rappresenta la maniera in cui, significativanìmente, egli comincia ad interfacciarsi con il suo mondo.

Purtroppo,  nei disturbi alimentari,  quali bulimia/anoressia, per i significati che egli vi proietterà,   già ai suoi  inizi o anche   via via crescendo,   il cibo potrebbe  anche assumere, simbolicamente, un valore negativo su cui il pensiero della persona coattivamente rimbalza,  fissandovi un’ ansia di tipo ossessivo.

Una impennata  che mortifica quella che altrimenti sarebbe una maniera gratificante  di vivere la contemporanea  fluidità  dello scambio relazionale  tra sé e tutto l’altro  (simbolicamente il cibo, ma anche tanto altro ancora),  lasciando immaturo qualche aspetto della complessiva  integrazione  dell’ identità che va strutturandosi intorno all’area del cibo e a tutte le interazioni, i sentimenti, i modi di reagire, i  pensieri che vi sono correlati e che, trasversalmemnte,  toccano tutte le aree di sviluppo della persona.

In alcuni casi, il disturbo alimentare si fissa in particolare su uno dei due poli, anoressia o bulimia, con significati simili e contrari  in relazione all’azione violenta e compulsiva del privarsi estenuamente di cibo da un lato o, dall’altro,  di rimpinzarsi  smodatamente, come a riempire di tutto ciò che immediatamente è a portata di mano ( con cibo “spazzatura”) il vuoto incolmabile avvertito dentro di sè.

In altri casi, i più numerosi,  il Distrurbo Alimentare oscilla bruscamente e ripetutamente tra Anoressia e Bulimia,  cercando tra le due opposte posizioni  un  impossibile equilibrio… la persona si erge a vittima sacrificale mentre patisce la fame, compiacendosi al contempo, della forza della propria intransigenza, quasi come una ascesi in cui essa si dichiara di non avere bisogno di niente e di nessuno… vince la sua battaglia mentre soffre, perdendo la sua serenità… fino all’irrompere di un raptus  di fame incontenibile che interrompe l’astinenza dal cibo della persona, che famelicamente comincia a fagocitare  di tutto… una compulsione che, se per poco placa la sofferenza della fame patita, viene subito soppiantata dal rimorso di avere “sbagliato”, cedendo alla “debolezza” della soddisfazione di un bisogno che  la persona non vuole  riconoscere per sè… spesso matura il vizio del procurarsi il vomito per cancellare la “colpa”…

La patologia si stabilizza con alterazione della percezione del mondo, di sé e del  corpo che appare grasso, sebbene in realtà sia sempre più emaciato.

La persona anoressica, in ogni caso, non vuole sentirsi uguale a tutti gli altri, non vuol cedere  la sua “singolarità” perché in essa ha imparato a distinguersi, e senza non sa più come rappresentarsi alla sua stessa coscienza… mentre soffre per non poter essere come tutti gli altri.

E il circuito si ripete…

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