TRISTEZZA, COSA NE FACCIAMO
La tristezza è una delle emozioni fondamentali della nostra vita, e non dovremmo negarcela…
Se non ne rifuggiamo, con espedienti costruiti con falsità, superficialità, egoismi… essa ci ci restiuisce lo spessore di una esperienza la cui risonanza, intima e profonda che vive in noi, riverbera anche su tutto l’altro: è consapevolezza di sé e della vita… sia che essa sia scaturita dalla perdita di una persona cara, dal fallimento di un progetto importante, dalla frustrazione per una necessaria rinuncia…
Inoltre, la tristezza può darci tanto altro, in quanto non prende “di petto” ciò che ha di fronte, ma predilige quella visione un po’ di “sbieco” e quelle note “blue”… una visione che si fa lunga… la certezza di essere in armonia con ciò che viviamo, mentre cambia… e che oggi è così.
A volte siamo tristi, e questa è una esperienza assolutamente comune; molto spesso però, incupiti, vorremmo fare di tutto per evadere… e così non cediamo mai veramente alla tristezza, espressione sana e adattativa alla vita, nei nostri momenti particolari… ed invece in questa maniera la “fissiamo” dentro di noi come abituale tono di fondo del nostro umore… senza averla maturata, e aver potuto lasciare altro spazio da occupare ad altre emozioni ancora!
Ma, potremmo anche chiederci, perché consumarla unicamente dentro lo spazio del nostro intimo, dove pesa e offusca persino la mente?
Magari potrebbe farci desiderare di chiamare quell’amico che ultimamente abbiamo trascurato, avere voglia di stare in sua compagnia… o di uscire per strada e avere voglia di incontrare lo sguardo delle persone che ci camminano accanto, o potremmo appassionarci, con pennelli e vernice, e decidere di dipingere di blu la nostra stanza, oppure seduti al piano, per chi può e sa farlo, sfiorare la tastiera… e dar vita ai riflessi della sua anima, con note dolci e dedicate…
Potremmo in tanti modi diversi provare a fare della tristezza anche altro, non portarla addosso e subirla con la sua pesantezza, ciò che importa è sapere cosa ne vorremo fare… magari una creazione d’arte, noi che artisti non siamo, darci la possibilità di creare una sua estensione, in modo che, slanciata verso la sua trasfigurazione nel bello atteso, abbracci ciò che è anche il “fuori-da-noi”… e lo colori con la sua tenue, soffusa, compassionevole melodia… una musica e un’ eco, dedicate, che rimandino al comune destino, facendoci desiderare il voler perseguire lo stare sempre accanto alla verità di ciò che accade nelle nostre vite, per gioirne o soffrine, con coraggio, amando il bello e il vero.
Allora, anche quella momentanea, necessaria tristezza, ci apparirà nell’originaria bellezza, di quando l’uomo, per la prima volta, forse, dovette porre su di sè e sulla sua vita il primo punto di domanda, il mistero delle cose… domanda salvifica, ed egli divenne, così, uomo: riconoscendosi intero, nella sua forza e nella sua fragilità.